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4 settembre 2009 5 04 /09 /settembre /2009 11:04

Viviamo sotto regime, se c’è ancora chi non lo vede è perché non vuole vederlo.
Lo spazio della città è controllato e militarizzato centimetro per centimetro. Poliziotti ,reti,telecamere e vetrine luccicanti sono l’unico sfondo possibile nelle maglie frenetiche della metropoli.
Nella guerra per il controllo totale dello spazio il potere si accanisce contro tutti quei luoghi in cui l’aggregazione e le relazioni tra le persone possono sfuggire al suo controllo .Da Vetra, al Sempione; dal Mom alle Colonne . “Distruggere ogni luogo di potenziale sedizione”

 

In tutto ciò quello che spaventa di più non è la violenza del regime ma l’inerzia dei sudditi. Esseri atomizzati e belanti incapaci di tessere legami ,di organizzarsi e di reagire.
Nonostante tutto questo, noi siamo ancora qui. Siamo sempre pronti a prenderci i nostri spazi e i nostri tempi, tra le vie della città.
Oggi, dopo un lungo silenzio, ci rendiamo nuovamente visibili con il nostro portato di gioia e rabbia , in una festa per dissacrare e sbeffeggiare il Magnifico e i suoi divieti. Domani, chissà, ci troverete su una barricata.

 

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24 agosto 2009 1 24 /08 /agosto /2009 19:26

Agosto un mese pieno di notizie, tragiche , ridicole, enormi e ordinarie, dagli attentati alle elezioni da certe parti, a il solito tramtram agostano da altre parti.
Agosto...

Agosto un mese sempre scomposto
tutti quanti a cambiar posto
c'è chi sale e c'è chi scende
c'è chi vince e c'è chi perde.
Chi va in gita alla galera
chi ci sta da mattina a sera.
Chi si scopre gladiatore
poi finisce dal dottore.
Chi in mondo non perfetto
resta secco nel cassonetto.
Chi evadendo da galera
trova la risposta vera.
Chi scappando di prigione
maramao al pacco al pacchettone.
Chi con voce da trombone
agosto:
è un mese troppo scomposto!
e va presto ricomposto
con più di una nuova prigione!
...è la tiritera estiva....E...STATE BENE?
ma quando ti imbatti in una notizia così....

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=70534&sez=HOME_ROMA

ROMA (22 agosto) - Stava rovistando tra i rifiuti in un cassonetto, alla ricerca di un po' di cibo, quando all'improvviso è stato probabilmente colto da un malore ed è morto finendo con metà corpo nel bidone. È successo a un clochard romeno di 45 anni a Ostia, il cui cadavere è stato trovato oggi dalla polizia con una parte del corpo ancora nel cassonetto dei rifiuti. L'uomo, sui 45 anni e di carnagione chiara, era morto già da almeno tre ore, secondo i primi accertamenti fatti dagli operatori del servizio sanitario del 118.

Quando sono arrivati gli agenti, il cadavere dell'uomo era rigido. Una donna ha raccontato ai poliziotti di essersi accorta per la prima volta alle 11 dell'uomo, poggiato sul cassonetto e vista la posizione ha ipotizzando che stesse rovistando tra i rifiuti, in via Martinica ma alle 13.30 quando è ripassata ed ha notato l'uomo nella stessa identica posizione si è preoccupata ed ha chiamato il 113.

L'uomo, a quanto si è appreso, aveva bevuto, ma sul corpo non è stato trovato alcun segno di colluttazione o violenza. Sarà l'autopsia, disposta dal magistrato, a dare l'eventuale conferma ma allo stato l'ipotesi investigativa è che il romeno sia stato colto da un malore.

L'uomo, che aveva in tasca un documento, aveva piccoli precedenti per furto. Sarà l'esame dattiloscopico a dare la conferma anche della sua
identità.

...quando ti imbatti in una notizia così....

senza guardare il cielo, morire.
Ma si il cielo lo avrà guardato anche lui nel suo cammino, chissà quante stelle aveva di riferimento nel suo cammino, lo avrà guardato il cielo anche lui.
O forse lo immaginava quando era chiuso nei Tir nei viaggi.
Ma appena sceso avrà guardato il cielo, anche lui.
E' il cielo che non ha guardato lui: il cielo ha altro da fare! il cielo è uno stakanovista a quello....IDDIO!!!
e ha da fare il suo lavoro infinito.
Guardate il Cielo che se ne fotte di voi, guardate il Cielo
che è basato sull'equilibrio della sua Legge Universale, ed è compostissimo.... almeno all'apparenza.
Morire con la faccia nell'immondizia, morire stroncato dall'immondizia.
Come il burattino Totò nel film di Pasolini che mentre moriva guardava il cielo e le nuvole, eh non tutti i burattini quando muoiono possono guardare il cielo e le nuvole!
Lui non guardava il Cielo e le nuvole, lui era costretto a guardare l'immondizia, e chi è passetto mentre correva?
e di corsa ha "visto" un burattino nel cassonetto! normale, no? se ne vedono tanti! e dopo quando è ripassato.... ancora lì?...113.
Lui non poteva guardare il cielo, altri non guardano chi incrociano: E se guardi, poi ti tocca pure vedere!...e se metti poi è ancora vivo? quante incombenze, quante rogne?
O forse più vero è: che è un dato scontato, di normale...amministrazione che ci siano: i morti di lavoro, i morti in mare, i morti nei Tir e i morti nei cassonetti, gli stupri, le violenze, le guerre, le ecatombe familiari, i suicidi di disperazione.... è normale e...LA VITA!!!!

E...STATE BENE???!!!!!

E...STATE BENE, SI ,PURTROPPO!!!!

Perché intanto aveva bevuto! poi aveva precedenti penali!!!!
ma sopratutto
E...STATE BENE!

perché è pronto un numero color clochard da chiamare
800.440.022, che vi metterà tranquilli che qualche... Belviso, qualche angelo custode verrà a togliere l'ingombro , relegarlo in modo che non vediate più morti così scomposte, e i cocci dei cittadini "fragili".
Oh vi potete giocare i numeri pure al nuovo 6 eh!

E...State BENE!

vittoria

L'avamposto degli Incompatibili

autore:

vittoria oliva

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14 agosto 2009 5 14 /08 /agosto /2009 10:11

Odio le banche in qualunque condizione, quando trovo impiegati insicuri che ricontrollano venti volte quello che stanno facendo e quando trovo impiegati melliflui dal sorriso fisso che sembrano nati con una mazzetta dei soldi in mano.
Odio le cabine di vetro che ti chiudono in mezzo e sei costretto ad appoggiare il dito su un sensore, mentre una voce dall'alto ti dice "appoggiare il dito sul sensore". Te lo dice una volta, due, tre. Se il sistema non riconosce le impronte la voce ti ordina di arretrare e uscire subito dalla cabina, mentre tutti guardano con ancora più sospetto del solito (difficile ma possibile).
Odio i marmi lucidati che ricordano le lapidi dei cimiteri, odio le macchinette che danno il numerino e chi ha il bancomat passa avanti a quello che non ce l'ha.
Odio le registrazioni, le richieste di dati e documenti quando entri in una banca dove non sei mai stato e perdi un'ora a compilare moduli per cambiare un assegno di 50 euri.
Odio la rispettabilità e la considerazione di cui godono bancari e banchieri, ladri travestiti da persone perbene che lavorano per un sistema indecente quasi quanto la guerra.
Odio il fatto che non vengano mai nominati ed escano puliti da ogni scandalo, scoppio di bubbone, trama sotterranea. Nel caso della INNSE è come se le banche non fossero neanche esistite, entità che si muovono nell'ombra alle spalle delle grandi immobiliari.

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3 agosto 2009 1 03 /08 /agosto /2009 12:16
CE UNA NOTEVOLE DIFFERENZA FRE VOI E DIO,NON CONFONDETEVI.....................

VIVERE E' UN DIRITTO..........NON UN DOVERE CHE ESERCITANO ALTRI

by clod
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26 giugno 2009 5 26 /06 /giugno /2009 11:06

NEL MONDO UOMINI DA UOMINI FIGLI.
OGGETTI SENZA DESTINO
IMBRACCIANO ARMI,SCOLPISCONO MORTE RICAMANDO MISERIA
EPPURE IL SOLE E' LO STESSO PER LORO E LA LUNA CONFONDE L'AVORIO PREZIOSO
CON RESTI DI SPERANZA SMARRITA.
NEL MONDO FIGLI POLVERE SULLA TERRA





MI sono ritrovato fra le mani questa foto e mi è sorto un pensiero .....destino ?  questo perchè mi ricorda me da piccolo .

mi sono sorte domande e forse alcune risposte che umilmente voglio condividere .


« Non vale la pena avere la libertà se questo non implica avere la libertà di sbagliare »

(Mahatma Gandhi)

 

 

La libertà indica l'essere libero, la condizione di chi non è prigioniero e non ha restrizioni, non è confinato o impedito. La libertà in senso più ampio è anche la facoltà dell'uomo di agire e di pensare in piena autonomia, è la condizione di chi può agire secondo le proprie scelte, in certi casi grazie ad un potere specifico riconosciutogli dalla legge.

Se l’uomo non fosse libero, allora non avrebbe né meriti, né colpe. Il problema che si pone con questa affermazione è se esiste il libero arbitrio oppure la predestinazione

0ra, che cos'è in noi che determina il destino? Siamo noi a determinare il destino?

Quanti di noi riescono a vedere quale sarebbe stato il destino della nostra vita, se si fosse basato sulle scelte che avevamo fatto? Abbiamo semplicemente fatto una scelta e la nostra vita ha preso quella strada.

Quanti di noi lo vedono?

E quanti di noi comprendono anche quanto ampia fosse la base della nostra scelta? E quello che sapevamo era pari alla quantità di potenziali che potevamo scegliere? Quanti di noi lo capiscono adesso, se guardano indietro? 

Ma quando una scelta è naturale  diventa pensiero comune, allora l'avete fatta, è una scelta del pensiero comune. E finché non verranno fatte così, non saranno mai vere scelte, e la questione non risolta continuerà a rimanere non risolta.

Penso che nessuna quantità di vino, nessuna quantità di droghe, nessuna quantità di donne, nessuna quantità di uomini, nessuna quantità di soldi ,non saranno in grado di eliminare quella ferita? Ebbene, quella ferita era dovuta a una scelta mancata.

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3 giugno 2009 3 03 /06 /giugno /2009 17:14

Qualche giorno fa un mio collega anatomopatologo mi dice:”Sai che i cimiteri dei piccolo comuni da qualche anno stanno avendo problemi di mancanza di loculi? E’ dovuto al fatto che quando riesumano le salme per trasferirle nell’ossario le trovano ancora tutte intere! Come se fossero morti ieri! E’ dovuto al fatto che da una quarantina di anni mangiamo cibi pieni di conservanti e questi rimangono nel nostro corpo e conservano anche noi oltre che i cibi…”

Resto a dir poco allibito e dal giorno dopo inizio le mie ricerche per capire se quello che mi dice è vero.

Indosso la mia migliore faccia di bronzo e chiamo il necroforo (o becchino che dir si voglia…) del cimitero comunale di un paesino pugliese (evito riferimenti più precisi per questione di privacy) chiedendogli come seppelliscono i cadaveri e se da qualche anno quando riesumano le salme le trovano ancora ben conservate o trovano solo le ossa. Il necroforo mi dice che seppelliscono i cadaveri o sotto terra o nei loculi: nel primo caso usano bare di legno e riesumano i cadaveri dopo 10 anni; nel secondo caso sigillano le bare con dei controcassoni di zinco e riesumano i cadaveri dopo 35 anni.
Alla seconda domanda risponde così:”Dottore le faccio una confidenza: 10 anni fa ho sepolto mio padre sotto terra e quando lo ho riesumato lo ho trovato tale e quale a come lo avevo lasciato. Questa non è mica l’eccezione! Da una ventina di anni sono aumentati di gran lunga i cadaveri mummificati o saponificati, vado a riesumare le salme e non trovo più le ossa come dovrebbe essere e come era, ma trovo i cadaveri intatti. Non mi fa certo paura ma sta diventando un problema per il nostro cimitero perchè iniziano a scarseggiare i posti! Non so dirle il motivo perchè le tecniche di sepoltura sono rimaste praticamente invariate ma so solo dirle che questo è quello che ho riscontrato.”

Porca miseria allora il mio amico non mi aveva preso in giro! E’ tutto vero!!
Ok adesso però c’è da capire la causa di questo assurdo fenomeno. Per avere conferme faccio qualche ricerca online e trovo solo poche notizie in inglese, in particolare Seth Roberts professore di Psicologia dell’Università di Berkeley e autore del Seth’s Blog dice che questo fenomeno è dovuto al fatto che negli anni sessanta c’è stato un passaggio dai cibi fatti in casa ai cibi preconfezionati e/o precotti e che questi ultimi contengono meno batteri e anche i nostri intestini quindi hanno iniziato a avere sempre meno batteri rallentando quini il processo di decomposizione.
Aggiungo che il numero inferiore di batteri potrebbe essere dovuto anche a tutti gli antibiotici che assumono gli animali che mangiamo.
Infine l’ipotesi dei conservanti che si accumulano nei nostri corpi non è neanche da scartare ma potrebbe aggiungersi come fattore a quello del minor numero di batteri.

Conclusione
Fra 5 minuti (il tempo di riprendervi dallo stupore di questa notizia…) iniziate a programmare una dieta che sia il più naturale possibile che comprenda soprattutto cibi cucinati a casa con materie prime biologiche e con meno conservanti possibili!

Spero di avere ulteriori conferme nei commenti a questo post.

Dr.Daniele Aprile

 

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31 maggio 2009 7 31 /05 /maggio /2009 18:10

Il terrorismo funziona………

 

 

Il terrorismo funziona: è l'arma dei forti. E' un errore analitico molto grave dire, come si fa abitualmente, che il terrorismo è "l'arma dei deboli". Come qualsiasi altro tipo di violenza, il terrorismo è l'arma dei forti. Di fatto lo è in un modo travolgente.
Semplicemente si dice che è l'arma dei deboli perché il forte esercita anche il controllo sul sistema di indottrinamento e perché il suo terrore ( il terrore del forte ) non conta come tale.

 

 Qualcuno vi è ancora, ed è ora di metterlo fuori, con onori e scuse. Molti sono già da tempo in giro, a fare gli starletti nei talk-show televisivi, o gli ospiti d'onore in assemblee scolastiche in cui, irragionevolmente contriti, vanno a dire delle loro esperienze. Li si ripaghi tutti delle sofferenze subite, con qualche milione di euro per le ingiuste carcerazioni e condanne. Si facciano monumenti a quelli rimasti uccisi in sparatorie con polizia e carabinieri.

Altro che terroristi. Erano martiri della questione morale, della lotta contro la mafia insediatasi al vertice dello stato: finalmente risolta, la questione morale, con l'affermazione chiara e argomentata, in sentenza da accettare e rispettare, che l'Italia è stata per anni governata da un mafioso assassino, contro il quale le gloriose Brigate Rosse si sono invano battute. 

 

Un pensiero che può fare riflettere …….cambiare…..come…..l’importante è non arrendersi

 

By clod

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21 maggio 2009 4 21 /05 /maggio /2009 11:16

di Francesco Lorenzetti

 

Sulla giustizia penale esistono vari luoghi comuni. Il primo in ordine di importanza e diffusione è senz’altro che in Italia “le leggi ci sono, basterebbe farle rispettare”. Si sente questa frase ovunque, dai bar alle fermate dell’autobus, e di volta in volta essa acquisisce sempre maggiore credito presso la popolazione, la quale è portata a credere che la legge, come avrebbero voluto le speranze illuministe, possegga ancora una certa validità, e che i disservizi e i problemi di ogni genere che si riscontrano nella prassi siano quasi esclusivamente da attribuire alle manchevolezze degli operatori del settore.

A chi la pensa in questo modo è dedicato il seguente articolo, nel quale mi divertirò in un gioco che già il magistrato Bruno Tinti aveva tentato con successo, quello cioè di indignare i lettori con un esempio teorico di applicazione pedissequa delle prescrizioni del codice penale ad un reato di particolare gravità, così da metterne in evidenza le aberranti conseguenze sul piano sanzionatorio e dimostrare una volta per tutte che non basta “applicare le leggi” e che urge anzi un vigoroso ripensamento riguardo all’intera impostazione codicistica.

Bruno Tinti, nel suo libro “Toghe rotte”, porta l’esempio dell’omicidio. Io vorrei invece usare quello di un reato solitamente percepito come meno grave, ma che secondo la mia opinione è in realtà, per chi lo commette, il segnale di una pericolosità sociale e di una tendenza a delinquere del tutto simili a quelle proprie di un assassino. Sto parlando, ovviamente, della violenza sessuale.

Ne parla la parte speciale del codice agli articoli 609 bis e seguenti, dove si prendono in considerazione varie ipotesi riconducibili alla figura criminosa in esame. Per il nostro esempio prenderemo il caso di una violenza aggravata dalla giovane età della vittima, ricadendo così nella previsione dell’art. 609 ter (minori di anni 14), e per sovrappiù mettiamoci anche l’aggravante delle sevizie, immaginando che il reo abbia anche picchiato o torturato la vittima.

Partiamo dal primo dato: l’articolo citato prescrive che per chi stupra una bambina la pena edittale sia la reclusione “dai 6 ai 12 anni”. All’interno di questo spazio il giudice ha la facoltà, secondo il disposto dell’art. 133 c.p., di commisurare la pena “in relazione alla sua gravità”. La prima cosa da tenere presente, però, è che la giurisprudenza pressoché costante tende a commisurare la pena nel minimo edittale perciò la base di partenza in questo caso è sempre, nella prassi, 6 anni. Le motivazioni di questo atteggiamento giurisprudenziale sono complesse, e andrebbero analizzate in separata sede. Ci basti sapere che la valutazione sulla “gravità del fatto” è tendenzialmente demandata al giudizio di bilanciamento aggravanti/attenuanti legislativamente tipizzate ex art 69 piuttosto che al generico e atipico apprezzamento del giudice ex art 133, il quale pone gravi problemi interpretativi a causa dell’ampiezza della sua portata.

Ora, se contro il reo esistono prove schiaccianti, e questo non è completamente scemo, sceglierà di essere giudicato attraverso il cosiddetto “rito abbreviato”, per il semplice motivo che tale procedimento, oltre ad essere più veloce e meno costoso, garantisce automaticamente all’eventuale condannato uno sconto di pena di 1/3. In questo modo arriviamo ad un massimo di 4 anni.

Ma neanche per idea li diamo al nostro stupratore. Infatti, bisogna tenere conto, come ci insegna il nostro sistema buonista e cattolicomunista, che un criminale non ha mai tutta la colpa per quello che fa. La colpa è sempre della società, del papà che lo picchiava, dell’ambiente degradato in cui è vissuto, del fatto che da piccolo non gli hanno regalato il trenino ecc. Tutte cose che, a norma dell’art. 62 bis, vanno a costituire le cosiddette “attenuanti generiche”, ultimo ritrovato in fatto di civiltà giuridica, le quali garantiscono un ulteriore sconto di pena fino ad 1/3. E tenete presente che, nella prassi applicativa, non esiste caso in cui queste attenuanti non siano concesse, tanto che qualcuno ha scritto che esse sono diventate “come un bicchier d’acqua che non si nega a nessuno”.

Ma voi mi farete notare che prima ho parlato anche di aggravanti dovute alle sevizie, sicché come tutte le persone sensate vi immaginate che le aggravanti e le attenuanti si sommino in un calcolo “a partita doppia”, per così dire. Purtroppo però le cose non funzionano affatto così, e il buon senso anche in questo caso non ci serve a molto. Quello che deve effettuare il giudice in caso di compresenza di attenuanti e aggravanti è piuttosto un “giudizio di prevalenza” delle prime o delle seconde: se prevarranno le prime, si applicheranno solo quelle, e viceversa nel caso contrario. Dispone infatti l’articolo 69 c.p. “Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti su quelle aggravanti, non si tiene conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime”. Sconcertante, vero?

E non serve aggiungere che, naturalmente, non si registrano nella prassi applicativa casi di prevalenza delle aggravanti sulle attenuanti. Prevalgono sempre le attenuanti, anche perché la loro applicazione è molto più facile e flessibile (si pensi all’esistenza delle suddette attenuanti “generiche”, o dell’attenuante automatica in caso di risarcimento del danno). Inoltre, le attenuanti possibili - contrariamente alle aggravanti - sono parecchie e anche molto fantasiose (vedi art. 62): “L’avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale” (no comment); “L’avere agito per suggestione della folla in tumulto” (sigh!); “L’avere agito in stato d’ira” (infatti tutti sanno che è più grave se uno esegue un delitto con calma e tranquillità) ecc.

Torniamo così al nostro caso di scuola: con l’applicazione di una sola attenuante (poniamo generica) siamo a 2,6 periodico anni di reclusione. E qui vi lascio con due possibili finali, nessuno dei due molto rassicurante: nel caso il reo risarcisca il danno alla vittima, ottiene un ulteriore sconto di 1/3 che lo porta al di sotto dei 2 anni, limite massimo per l’applicazione della cosiddetta “sospensione condizionale della pena”, che è una sorta di perdono giudiziale senza alcuna conseguenza penale.

Nel caso, invece, il reo non riesca o non voglia risarcire il danno, non andrà comunque in galera perché al di sotto dei 3 anni (eravamo a 2,6) c’è il cosiddetto “affidamento in prova ai servizi sociali”, che lascia libero il condannato sotto la guida di un assistente che gli farà periodicamente visita per aiutarlo a reinserirsi in società.

A questo punto, di solito c’è chi obietta che, almeno, la sentenza può essere utile come “ammonizione” al reo, data la disciplina della recidiva che solitamente si vede nei film. Tutti, infatti, siamo convinti che, come accade nei polizieschi americani, chi ha già commesso un reato rischi un trattamento sanzionatorio di particolare gravità nel caso ricada nel comportamento criminoso. Sicché a conclusione del mio esempio si potrebbe dire che, almeno, il reo difficilmente tornerà a delinquere, e che se lo farà le conseguenze saranno, finalmente, proporzionate alla sua pericolosità sociale. Anche questa convinzione è molto diffusa, ma purtroppo errata, almeno nel nostro paese. In Italia, la recidiva è considerata soltanto un’aggravante, perciò per i motivi sopra spiegati finisce sempre per essere accantonata assieme alle altre aggravanti nel “giudizio di prevalenza” di cui all’art.69 c.p. Di essa, di fatto, si tiene conto soltanto ai fini di alcuni effetti penali secondari che è inutile elencare.

Dunque, riepilogando: un tizio prende una bambina, la picchia e la stupra, poi subisce un processo veloce detto “rito abbreviato”, viene condannato, ma se ne torna a casa come nulla fosse successo a seguito di una sentenza di sospensione condizionale o di affidamento ai servizi sociali. Addirittura, se volesse, sa che potrebbe anche ripetere l’esperienza delittuosa, e le conseguenze sarebbero le stesse. Il tutto, naturalmente, a norma di legge, per cui il delinquente alla fine del gioco potrebbe anche avere l’impressione che, in fondo, non ha commesso un atto tanto grave.

 

 

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2 maggio 2009 6 02 /05 /maggio /2009 11:12
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17 aprile 2009 5 17 /04 /aprile /2009 20:01

Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare. “; e ancora: “Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno

La verità la dice quando afferma: “Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile“.

 

Articolo firmato da Giacomo di Girolamo  articolo

 

 

…ma no, forse ha ragione lui: la prossima volta che ci sarà una raccolta fondi dirò di “NO! Io pago già le tasse, ci pensi lo Stato!” e quando mio figli di 6 anni mi domanderà “Babbo,  sei matto?” gli risponderò “No , è che moda essere stronzi!

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Presentazione

  • : Tutti contro.......!!!! by clod
  • : La pressione dell’omologazione, l’egoismo altrui lo hanno spinto verso la più triste e irreversibile delle scelte Con lui si è chiusa l’epoca degli ideali della società nuova. Ora, in questa fase di passaggio, dove il ricordo di quegli ideali fluttua nell’aria, sta a noi restituire fiato alle travolgenti spinte del secolo scorso.
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