Il disprezzo degli ideali
Per definizione ciò che è ideale non è reale, e ciò che è reale non è ideale.
Secondo Stirner l’epoca antica avevo come obiettivo quello di idealizzare il reale. Di fronte a questo compito di per sè impossibile gli uomini giunsero a disprezzare il reale, in quanto non poteva venire elevato all’ideale. Per questo motivo il cristianesimo fu la fine dell’epoca antica: il Cristo fu quell’essere che era riuscito a fare ciò a cui tutta l’epoca antica anelava: per questo Il cristianesimo portò a conclusione l’epoca antica.
Fu così che l’anelito del mondo antico si rovesciò completamente: da cercare di idealizzare il reale si iniziò di cercare di realizzare l’ideale. La famiglia ideale, lo stato ideale, il cristiano ideale, ecc.
Infatti una persona matura sa bene che essi non possono essere realizzati, proprio in quanto tali.
Credo che sia proprio questa consapevolezza a portarci, in un modo o nell’altro, a disprezzarli. Si dice che la perdita della vita, che solo gli ideali sanno darti, va persa una forza vitale preziosa per l’uomo.
Come dice Rudolf Steiner: ogni idea che non diventa per te un ideale uccide nella tua anima una forza vitale; ogni idea che diviene un ideale crea in te una forza vitale. E per quanto non sia realizzabile, per quanto irraggiungibile, essi sono una forza di vita che genera una potente forza di entusiasmo, che da una meta, una spinta: sono una forza creatrice.
Ciò che voglio ricordare è di non rinunciare agli ideali. Anzi, visto che essi sono irrealizzabili voglio avere degli ideali potenti, irraggiungibili tali da rendere stupenda anche una inevitabile sconfitta.