Berlusconi, il sedicente "torero" e "superuomo" ancora digrigna i denti, intimidisce, minaccia, ricatta, esibisce come virtù i suoi vizi e le sue perversioni, convinto che parlino al ventre profondo del Paese, al quale direttamente si rivolge. E ne ha per tutti. Ma la sua non è più la sicumera dei giorni migliori, quando tutto si riduceva ad uno scontato gioco del gatto col topo, con gli avversari - ovviamente - ma soprattutto con gli alleati, lesti a rientrare nei ranghi non appena il capo ringhiava, senza neppure dover percuotere il tavolo col pugno di ferro. I santuari del potere lo sostenevano, più o meno convintamente, o lo subivano, persuasi di poter trarre il massimo beneficio dall'uomo che più di ogni altro ha tentato di dimostrare che tutto e tutti possono avere un prezzo. Del resto, come ognuno può constatare, ciò si è ampiamente verificato. I conti, ora, non tornano più. Quel sodalizio si è logorato profondamente e su troppi fronti, perché il dispensatore di prebende non finisca per rappresentare un ingombro, un residuo antistorico, persino per una destra che vuole continuare a governare conservando integri i rapporti sociali esistenti. Berlusconi, in qualche modo prigioniero del suo atto politico di nascita e vittima del delirio onnipotente che ne accompagna il declino senile, è divenuto indecente e impresentabile, anche per le forze a lui alleate o contigue, per i poteri che dei suoi favori si sono sino a ieri avvalsi tappandosi naso e bocca. C'è la devastazione dell'immagine pubblica, l'insostenibilità del baratto patologico fra prestazioni sessuali e carriere politiche, c'è l'isolamento internazionale che travalica i tradizionali confini fra destra e sinistra, fra progressisti e conservatori, per divenire un unanime coro dileggiante. C'è, soprattutto, un sistema di potere che ha ammutolito il parlamento e fatto dell'esecutivo una muta di cortigiani. C'è l'attacco frontale alla magistratura e a ciò che resta della libera stampa. Ogni limite è stato ampiamente oltrepassato. Non solo la Costituzione è stata stracciata e vilipesa. L'inquilino di palazzo Chigi è ben difficilmente inscrivibile persino dentro le coordinate del più tiepido pensiero democratico, della stessa cultura liberale. La sindrome di Caligola lo ha portato al di lì della soglia oltre la quale egli è divenuto un pericolo per i suoi stessi sodali, i più avvertiti dei quali colgono il rischio di essere travolti con colui che fino a ieri l'altro era l'osannato e indiscusso leader. C'è da scommettere - essendo già avvenuto tante volte nella storia patria - che, al dunque, non pochi dei fedeli ascari scenderanno dal carro con la stessa disinvolta rapidità con cui vi sono saliti. Sono ormai molti gli indizi che rendono chiaro come i poteri forti stiano coalizzandosi per "mutare spalla al proprio fucile". Gli uomini pronti alla bisogna ci sono già. I loro nomi e le loro mosse sono già visibili, le diplomazie trasversali in piena fibrillazione. In quanto occorre cambiare tutto, perché nulla cambiò, affinché la transizione post-berlusconiana avvenga senza troppi scossoni, senza che gli equilibri politici vengano alterati, contando anche sul sostegno silenzioso e senza pretese di un'opposizione parlamentare che non riesce - né prova - a toccare palla. Berlusconi lo capisce, sente che il cerchio si stringe, e si dibatte nell'arena come un animale ferito. L'arroganza di cui ha sempre fatto sfoggio è ora intrisa di visibile paura. Come tutti i dittatori nella fase del crepuscolo, egli tende a non fidarsi più di nessuno. Questo - occorre averne contezza - lo rende estremamente pericoloso. Berlusconi ha ancora dalla sua un enorme potere politico, economico, mediatico ed il sostegno per ora non incrinato della Lega. Non è un cane morto e forse non è imminente il suo 25 luglio. Per mantenersi in sella userà tutti i mezzi possibili ed inimmaginabili, ivi compresa quella che fa già balenare come la soluzione estrema: le elezione anticipate, concepite - oggi come non mai - come un plebiscito sulla sua persona con annessa, implicita richiesta, direttamente rimessa nelle mani del popolo, di disporre di un potere assoluto, privo di qualsivoglia condizionamento.
Inserito da Anonimo il Ven, 11/09/2009 - 10:56